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Monograph to Print
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Pubblicazione:Milano : Baldini & Castoldi, 1996
Abstract: Nel 1960 Zhang Xianliang era un poeta di ventiquattro anni. Da due anni si trovava in un 'campo di rieducazione attraverso il lavoro' nella Cina nord-occidentale per il fatto di essere un letterato, un intellettuale, un 'nemico del popolo'. La carestia, effetto delle disastrose pianificazioni produttive degli anni Cinquanta, stava mietendo milioni di vittime in tutto il Paese, ma Zhang trovò la forza di scrivere un diario: 'Usai la penna per sopravvivere. Scrissi negli interstizi, nell ...;
[Read more...]Nel 1960 Zhang Xianliang era un poeta di ventiquattro anni. Da due anni si trovava in un 'campo di rieducazione attraverso il lavoro' nella Cina nord-occidentale per il fatto di essere un letterato, un intellettuale, un 'nemico del popolo'. La carestia, effetto delle disastrose pianificazioni produttive degli anni Cinquanta, stava mietendo milioni di vittime in tutto il Paese, ma Zhang trovò la forza di scrivere un diario: 'Usai la penna per sopravvivere. Scrissi negli interstizi, nelle crepe del tempo, quando non lavoravo nei campi. Scrivendo, la prima cosa a cui pensavo non era ciò che era accaduto in una data giornata, né i pensieri degni di nota. Al contrario, pensavo anzitutto agli avvenimenti e ai pensieri che non dovevo assolutamente registrare'. Ma quelle scarne annotazioni, accuratamente autocensurate, hanno aiutato il loro autore a sopravvivere. E oggi Zhang ha potuto raccontare tutto ciò che, allora, aveva lasciato fra le righe. L'orrore, la pietà, l'ironia disperata e la forza del racconto sono tali che il lettore occidentale pensa subito a classici come "Memorie da una casa di morti" di Dostoevskij, "Una giornata di Ivan Denisovic" di Solzenicyn e "Se questo è un uomo" di Primo Levi. Ma se la testimonianza di "Zuppa d'erba" è unica, è per il fatto di descrivere uno dei più sottili orrori che l'uomo sia capace di immaginare: il lavaggio del cervello. Il giovane Zhang, assieme a vecchi studiosi e rinomati scrittori, viene gettato fra delinquenti comuni in un inferno senza sbarre, dove gli strumenti di tortura si chiamano fame, autocritica e delazione. Un inferno da cui nessuno osa fuggire perché ha talmente interiorizzato il senso di colpa da credere di meritarsi condizioni di vita al di là dell'immaginabile: un giaciglio largo trenta centimetri per dormire, un lavoro massacrante dall'alba alla sera, insulti e umiliazioni come terapia di riabilitazione, la perdita di qualunque individualità e, come cibo, una tazza d'erba dei campi annacquata.