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Pubblicazione:Milano : Corbaccio, 2004
Abstract: La fine dell'impero britannico dopo la Seconda guerra mondiale e il crollo dell'impero sovietico dopo la fine della Guerra fredda hanno stravolto la carta geopolitica del mondo. Come nuove terre emerse dagli oceani dopo un gigantesco maremoto, nuovi Stati sono improvvisamente apparsi sulla scena mondiale: i tre eredi dell'India britannica (India, Pakistan, Bangladesh), i territori africani promossi all'indipendenza dopo il riflusso dell'ondata colonizzatrice, le repubbliche ex-sovietic ...;
[Read more...]La fine dell'impero britannico dopo la Seconda guerra mondiale e il crollo dell'impero sovietico dopo la fine della Guerra fredda hanno stravolto la carta geopolitica del mondo. Come nuove terre emerse dagli oceani dopo un gigantesco maremoto, nuovi Stati sono improvvisamente apparsi sulla scena mondiale: i tre eredi dell'India britannica (India, Pakistan, Bangladesh), i territori africani promossi all'indipendenza dopo il riflusso dell'ondata colonizzatrice, le repubbliche ex-sovietiche del Caucaso e dell'Asia Centrale, gli Stati semi-indipendenti, dall'Iran all'Afghanistan, che hanno acquistato, grazie a questo processo, maggiore importanza. Un altro impero, nel frattempo, si è andato progressivamente costituendo durante la seconda metà del Novecento. Questo nuovo impero domina oggi la scena mondiale e presenta, rispetto a quelli del passato, alcune singolari differenze. Gli Stati Uniti sono infinitamente più potenti dei loro predecessori (investono nelle loro forze una somma di denaro superiore alla somma dei bilanci militari dei nove paesi meglio armati del mondo) e non meno imperiali. Ma sono al tempo stesso i paladini di un principio (l'autodeterminazione dei popoli) che ha fortemente contribuito alla disintegrazione degli imperi multinazionali. Imperiosi e democratici, gli americani sembrano spesso dare con una mano ciò che tolgono con l'altra. Sono questi i temi del grande affresco di Karl E. Meyer. L'autore non è uno storico accademico, ma sa che ogni evento internazionale affonda le sue radici in un passato spesso remoto. Per comprendere ciò che sta accadendo oggi in Iran, in Afghanistan, in Cecenia, in Pakistan, in Georgia e in Iraq, non basta leggere le corrispondenze degli inviati e assistere, dalla poltrona di un salotto, alle immagini di guerra che occupano dal 1991 le nostre serate. Occorre risalire il grande fiume del tempo, ricostruire la lunga catena degli eventi, individuare cause lontane. Le crisi e le guerre dell'Asia centrale e del Caucaso, ad esempio, sarebbero incomprensibili, se non tenessimo conto di alcune grandi fasi storiche: la nascita dell'impero zarista, il 'grande gioco anglo-russo' tra Ottocento e Novecento, il dominio sovietico, la Guerra fredda. Il fascino del libro di Meyer è nella straordinaria capacità dell'autore di gettare lunghi ponti tra il passato e il presente. Lo studio del passato e la cronaca dell'attualità diventano in tal modo perfettamente complementari. Se pretendesse di offrire terapie per i mali del mondo e ricette per il futuro, questo libro contraddirebbe se stesso. Ma contiene un'implicita lezione. Gli Stati più forti sono, in ultima analisi, quelli che hanno coscienza dei limiti della loro potenza. Chi ha troppa fiducia in se stesso lavora inconsapevolmente per le proprie sventure.